La transizione proteica e le colture miglioratrici

Il punto di vista di un nostro socio agricoltore

di Filippo Zammarchi (Bucolica Circolo Culturale Agricolo)

Da quando ci siamo messi in testa di fare della coltivazione dei nostri terreni il nostro mestiere, ci siamo ritrovati a fare i conti con il metodo di coltivazione da seguire, le diverse tecniche e i prodotti da usare. Non volevamo fare una monocoltura, non volevamo usare sostanze di sintesi, volevamo produrre e auto produrre il cibo che avremmo mangiato.

Dei cinque ettari che coltiviamo a Bucolica, due sono destinati ai seminativi, poco più di tremila metri a ortaggi ed erbe aromatiche, cinquemila ospitano il nostro frutteto e poco meno di un ettaro è l'estensione della nostra oliveta. Il resto della superficie si “perde” in siepi, prati e alberature. Nei terreni coltivati ogni anno seguiamo un principio semplice, che mette in moto una serie di scelte consequenziali su cui basiamo la rotazione delle colture e i nostri menù. Una categoria tra tutte che dà sempre grande soddisfazione sono le colture miglioratrici: i legumi.

Coltivando un terreno per scopi produttivi si va incontro lentamente anno dopo anno, raccolto dopo raccolto, alla perdita della capacità produttiva del terreno stesso. Uno degli elementi di cui si nutrono le piante è l’azoto (N), che insieme a Fosforo (P) e Potassio (K), compone i tre macroelementi essenziali. L’azoto è un elemento mobile nel suolo che tende a dilavarsi e infiltrarsi nelle falde per poi seguire il ciclo dell’acqua. Essendo molte colture agrarie grandi consumatrici di quest’elemento, è necessario integrarlo anno dopo anno.

Come si integra l’azoto in un terreno? Con concimazioni specifiche a base di azoto di origine organica o di sintesi. L’azoto di sintesi è un prodotto di facile e pronta assimilazione da parte delle piante, ottenuto però con processi energivori che lo rendono sempre meno sostenibile a livello di impatto ambientale. L’azoto organico è, invece, naturalmente presente nel materiale organico di origine sia animale che vegetale. Esso costituisce lo scheletro degli amminoacidi, le molecole che formano le proteine. Lo ritroviamo, quindi, nel letame, nelle pelli, nel sangue, o nei tessuti vegetali. In entrambi i  casi, affinché diventi disponibile per le piante, esso deve essere decomposto e mineralizzato dai microorganismi del suolo.

Nonostante l’azoto di origine animale sia un’ottima fonte a basso prezzo, per  un'azienda come la nostra, sita in un’area geografica priva di allevamenti diffusi, esso non risulta la scelta migliore, il costo del trasporto sia monetario che ambientale non varrebbe la pena. Per questo optiamo per la coltivazione in rotazione dei legumi! Ceci, fave, fagiolini, fagioli, taccole, arachidi, piselli e ancora trifoglio, erba medica, sulla, veccia, favino. Le piante appartenenti alla famiglia delle leguminose, vivono in simbiosi specifica a livello radicale con una categoria di batteri, gli azotobacter, i quali permettono alla pianta di compiere l’azotofissazione. Grazie alla simbiosi con i  batteri, le piante catturano e fissano l’azoto libero nella nostra atmosfera (il 78% dei gas presenti) all’interno dei loro tessuti, fusti, foglie, fiori e in ultima battuta frutti e semi, i legumi.

Tornando a noi e a i nostri terreni, il letame proveniente da animali allevati nutrendosi di leguminose è difficile da trovare, ma i nostri terreni, come quelli di tutto il mondo, sono pronti ad accogliere semi di leguminose che a fine del loro ciclo vitale lasciano nel terreno le loro radici arricchite di azoto grazie all’azoto fissazione. Per le colture particolarmente esigenti, pratichiamo la cosiddetta concimazione verde, interrando nel momento di massimo sviluppo colture leguminose per apportare lentamente azoto dopo che il suolo le avrà digerite.

Perché vi parlo di questo per parlarvi di transizione proteica? Perché tutto questo ovviamente torna nel nostro piatto, i legumi e le leguminose in genere sono la fonte più sostenibile di proteine a cui abbiamo accesso, appartengono alla categoria delle piante miglioratrici, lasciando il suolo in uno stato migliore di come era precedentemente, la loro coltivazione influenza positivamente le coltivazioni successive e rappresentano con le loro rotazioni e sovesci la scelta più sostenibile sul tema concimazioni.

Piccola nota da apicoltore, sono specie ad impollinazione entomofila, cioè forniscono nettare  e polline ad api e ad altri insetti impollinatori.

Un’ultima riflessione sul tema animali e proteine. Gli animali nel mondo agricolo rappresentano un elemento cardine per la costruzione di un sano agroecosistema, possono contribuire alla fertilità dei terreni e alla loro rigenerazione, valorizzare zone marginali, fanno parte della nostra tradizione e sono campanelli per lo stato di salute degli ambienti in cui vivono, possono contribuire, come le galline, al controllo di insetti dannosi delle colture agrarie.

Dobbiamo anche riflettere però sul metodo di allevamento che viene attuato, sul cibo che viene dato da mangiare a questi animali, i mangimi zootecnici sono costituiti da cereali e legumi che potrebbero essere destinati all’alimentazione umana e non ultimo dobbiamo riflettere sull’impatto ambientale che l’allevamento degli animali ha sul nostro territorio.